Non è un pensiero mio ma di Alan Uzzauto su Facebook
Mercoledì. In giro sotto la pioggia, noto una vetrinetta un po' buia, pulita, piena di libri. Tutte edizioni di decine e decine di anni fa. Tenuti perfettamente, immacolati. Sulla vetrina c'è un foglietto. "Suonare il campanello, sono qui". Suono. Guardo dentro e, da alcune scale laterali, vedo scendere un signore molto anziano. Apre la porta, si passa le mani sul grembiule, mi accoglie con con molto garbo.
Due piani occupati da migliaia di libri, sistemati con ordine. "Le dico subito che questo non è un negozio. È solo un mio spazio privato, una mia nicchia. Un circolo, se vogliamo. Spesso ricevo appassionati e poeti. Ci riuniamo qui e parliamo di letteratura. Può guardare tutto, però, ovviamente, se vuole."
Non so dove guardare prima, gli occhi corrono da un titolo all'altro. Gli faccio qualche domanda sulla disposizione dei libri e cominciamo a parlare. Gli si illuminano gli occhi.
Parliamo di Dumas e Victor Hugo ("I due più grandi di sempre"), di Joyce ("Qualcuno ha davvero mai capito Joyce?"), di Russia, avanguardie, Cernysevskij, Lenin, socialismo, Gogol.
"È da tanto che ha questo posto?"
"Ma no, sa, in realtà da poco ho cominciato a collezionare e tenerli qui. Dal pensionamento. Eh, poco, poi. Ormai saranno 30 anni."
Non voglio disturbare oltre e saluto, avviandomi alla porta.
Me la apre, sorride. "Torni pure a trovarmi quando vuole, è un piacere."
Amen.
(Alan Uzzauto)