Umberto Eco ha detto cose sui media che noi normali non saremmo mai riusciti ad immaginare. Ha detto che la bici non è sparita dopo l'invenzione del jet, ha detto che il successo di Mike Bongiorno dipendeva dal fatto che tutti ci sentivamo meno scemi di lui (un pensiero cattivo? Un pensiero corretto, nei fatti). Adesso dice la sua sui social network in un articolo su Lastampa (http://www.lastampa.it/2015/06/10/cultura/eco-con-i-parola-a-legioni-di-imbecilli-XJrvezBN4XOoyo0h98EfiJ/pagina.html)
«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli imbecilli».
«C'è un ritorno al cartaceo. Aziende degli Usa che hanno vissuto e trionfato su internet hanno comprato giornali. Questo mi dice che c'è un avvenire, il giornale non scomparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere. A maggior ragione nell'era di internet in cui imperversa la sindrome del complotto e proliferano bufale».
A mio parere (io non sono nessuno, ho solo passato diverse ore di fronte al suo ufficio all'Università quando ci studiavo), l'invasione degli imbecilli è palese ma poco sottolineata. Ci voleva eco per darle la giusta visibilità. Sui social tutti quanti spesso o quasi sempre siamo imbecilli. Il danneggiamento della collettività invece è tutto da dimostrare, così come il "ritorno al cartaceo". C'è un costante calo nella diffusione dei quotidiani, perché la carta è, quasi sempre, meno versatile del digitale, ma l'importanza delle testate non sta calando. Sono un'isola di credibilità e di oggettività (spesso presunta). Le testate dovranno fare meno ma meglio per restare credibili.