Invece di pensare sempre ai lavoratori sindacalizzati, il governo (e i veri sindacalisti) potrebbero pensare anche agli sfigati che lavorano fuori dalle redazioni o più in generale le cosiddette partite IVA o ritenute etc. Non solo i guadagni sono vergognosamente bassi (un articolo di una pagina su un quotidiano nazionale di Grauso mi è stato pagato 20 euro), si viene poi presi in giro, ad esempio quando i finanziatori dicono che Grauso è in difficoltà con gli stampatori. Si, ma ai pirla che scrivono non ci pensa nessuno?
Da aprileonline.info
Si fermano i quotidiani di "Epolis"
Gianluca Scroccu, 23 luglio 2007
Editoria I problemi finanziari e di liquidità, che hanno portato all'arresto della stampa e delle pubblicazioni del gruppo, sono stati più forti di ogni tentativo di salvataggio in extremis. Tutto fermo sino ad agosto, con un grosso punto interrogativo sulla ripresa. Più di 130 giornalisti, oltre ai poligrafici e agli altri dipendenti, sparsi nelle quindici redazioni di tutta Italia, hanno dovuto anticipare forzatamente le ferie
Si fermano i giornali del gruppo "E-Polis" fondato dall'imprenditore cagliaritano Nicola Grauso. I problemi finanziari e di liquidità, che hanno portato all'arresto della stampa e delle pubblicazioni del gruppo, sono stati più forti di ogni tentativo di salvataggio in extremis. Tutto fermo sino ad agosto, con un grosso punto interrogativo sulla ripresa. Più di 130 giornalisti, oltre ai poligrafici e agli altri dipendenti, sparsi nelle quindici redazioni di tutta Italia, hanno dovuto anticipare forzatamente le ferie. Un brutto colpo, per l'informazione in generale ma soprattutto per i giornalisti, molti dei quali giovani, tra cui molte donne, che avevano dimostrato qualità e passione. L'idea di Grauso (imprenditore con un fiuto di notevole levatura, se si pensa che fu tra i pionieri, con l'avventura di Video on-line, dell'impresa da cui nacque Tiscali e che come editore de "L‘Unione Sarda" fu il primo a lanciare un quotidiano sul web) si è dovuta fermare di fronte a difficoltà economiche e finanziarie, nonostante il progetto, nato con nel settembre 2004 con "Il Giornale di Sardegna" affidato alla direzione di Antonio Cipriani, si stesse articolando su tutto il territorio nazionale.
Oltre alla vicinanza della Federazione Nazionale della Stampa, è scattata subito la solidarietà delle forze politiche e sindacali delle città in cui i giornali del gruppo venivano stampati: da Venezia a Brescia, da Napoli a Milano, da Mestre a Firenze. Una mediazione urgente da parte del governo sulle difficoltà di "E-Polis" è stata chiesta dal presidente del gruppo parlamentare di Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo al Senato, Cesare Salvi, e dal presidente della Commissione Cultura della Camera, Pietro Folena. Tutto questo perché i quotidiani di Grauso avevano segnato una novità dal punto di vista della produzione delle free press, solitamente catalogabili come prodotti giornalistici "mordi e fuggi": le edizioni di E-Polis avevano infatti tutte delle redazioni (quella centrale si trova a Cagliari) capaci di fare dell'ottima cronaca affiancata ad inchieste e scoop importanti. Notevole apertura era fornita anche dalla sezione dei commenti, affidata ad opinionisti locali ma anche di levatura nazionale. Non quindi il tipico prodotto che si è affacciato sulla scena giornalistica nazionale ma anche nelle grandi città americane ed europee (con grosse percentuali di vendita in paesi come l'Olanda o la Danimarca, dove i giornali "free" superano oramai la diffusione dei quotidiani "normali"), ma un esperimento di "popolarizzazione" dell'informazione sicuramente innovativo, anche se, inevitabilmente, con i suoi difetti. Spiace, ma non stupisce, che la solidarietà si sia arrestata proprio nella regione che aveva visto nascere questa quantomeno coraggiosa iniziativa editoriale.
Si è registrato, infatti, il silenzio assoluto delle forze politiche sarde: passi per il giudizio sul Grauso imprenditore, ma come stare zitti di fronte alla drammatica prospettiva occupazionale dei redattori e dei lavoratori del gruppo? Purtroppo sembra che la classe politica sarda si ricordi dell'informazione solo per la propria visibilità o le dichiarazioni nelle pagine politiche, e non per il suo essere un pilastro della democrazia. Anche questo è un segno del degrado che attraversa la scena politica isolana.